Botteghe storiche, un tuffo nel passato


La fabbrica di turaccioli usati anche da Giuseppe Garibaldi

di GIANLUCA DURNO

30 settembre 2017

Le si trova svoltando un angolo di un vicolo stretto, oppure all’interno di un cortile di una palazzina. Nascoste, discrete e quasi immutate nel tempo. Sono le botteghe storiche di Genova: pietre miliari della città, orgoglio dei genovesi e piccole schegge di tempo che vengono dal passato, da cento, duecento e anche trecento anni fa. Sono laboratori, boutique e officine; ce ne sono di ampie e signorili, con marmi sul pavimento e i cristalli nei lampadari, ma anche di piccole, anguste, ma accoglienti, con l’odore del lavoro e il disordine dei laboratori.

Per tutelare questa unicità e tramandarla alle generazioni future, dal 2011 la Soprintendenza, il Comune, la Camera di commercio e le associazioni di categoria del commercio e dell’artigianato, hanno creato l’Albo delle botteghe storiche, esperienza unica in Italia. Ma come hanno fatto e come continuano a sopravvivere le botteghe storiche genovesi? Come hanno superato la crisi economica e la nuova sfida lanciata dall’e-commerce? La Repubblica è andato a scoprirlo, parlando con i protagonisti di questa storia centenaria, e ha raccolto in video di pochi minuti i racconti e gli aneddoti di una Genova quasi scomparsa. Ecco il primo incontro. con Luico Tappi, in salita Santa Caterina, Giuseppe Garibaldi usava i suoi turaccioli. La fabbrica dei turaccioli. “Quando Govi veniva a comprare il sughero da noi”

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